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 “Imporre le cose spesso non porta a dei risultati: per ridurre l’inquinamento bisogna coinvolgere i cittadini e passare da un ‘potere su’ a un ‘potere con’”.

Cosa può spingere o frenare i cittadini a modificare i propri comportamenti che impattano sulla qualità dell’aria? Ne abbiamo parlato con il Dott. Paolo Pandolfi, Dirigente Medico presso l’Azienda Usl di Bologna.

Anche se la qualità dell’aria negli ultimi dieci anni è leggermente migliorata e i decessi per gli effetti acuti dell’inquinamento sono in diminuzione, sono invece ancora in crescita le malattie riconducibili agli effetti cronici, come ad esempio asma, allergie, bronchiti, ecc. “Diventa sempre più urgente fermarsi, mettere in discussione il nostro modello di sviluppo, ripensarlo. Solo allora e dopo più anni riusciremo a vedere risultati diversi”. Per farlo però è fondamentale un cambiamento, prima di tutto culturale, che attraversi l’intera società e renda tutti più consapevoli dei rischi a cui andiamo incontro a causa dell’inquinamento.
Da un lato c’è un freno motivazionale, perché “i cittadini vogliono sentire che il loro impegno viene premiato, ma perché ciò avvenga è necessario un cambiamento che porti la stragrande maggioranza delle persone ad adottare comportamenti e stili di vita sostenibili, in modo che si attivi un circolo virtuoso. Troppo spesso infatti anche i cittadini virtuosi e sensibili a questo tema vedono che il loro impegno non incide e, guardandosi intorno, osservano altri a cui poco importa dell’inquinamento atmosferico, o addirittura vedono le stesse istituzioni agire in modo poco coerente”.
Dall’altro il freno è rappresentato da una percezione del rischio non oggettiva ma condizionata da sensibilità soggettive: “In molti hanno più paura di prendere l’aereo piuttosto che di andare in macchina, ma il primo è un mezzo molto più sicuro della seconda: uso questo semplice esempio per dire che le persone sono immerse in flussi informativi e comunicativi (spesso superficiali come quelli che circolano sui social media) che, sommati alla loro storia, alla loro educazione e all’influenza del contesto sociale, fanno sì che si formino un’opinione, in questo caso una percezione del rischio, che non corrisponde alla realtà”. Questo avviene anche per il tema dell’inquinamento atmosferico: “la scienza vive un momento di crisi perché le persone tendono a spiegarsi i fenomeni escludendo tutte quelle informazioni che li allontanano dal proprio modo di pensare e di credere”. Con il risultato di un mancato approfondimento e di una conseguente minore disponibilità a mettere in discussione le proprie abitudini. Ecco perché le campagne di sensibilizzazione e le politiche pubbliche su questo tema “dovrebbero essere sempre accompagnate da processi inclusivi nei quali vi sia una compartecipazione nelle scelte, una riflessione e una responsabilizzazione veramente collettiva”.

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